Di recente abbiamo parlato con Jürgen Gratzl, un dottorando del gruppo di ricerca Chimica fisica dell’atmosfera, guidato dal Prof. Hinrich Grothe presso l’università TU Wien di Vienna.
Jürgen ha trascorso anni studiando le particelle più minute. Da bioaerosol come i granelli di polline alle microplastiche, dispone di informazioni fondamentali sul comportamento e sul rilevamento degli allergeni e delle sostanze inquinanti nell’aria che respiriamo.
Più di recente, la sua attività di ricerca si è focalizzata sul rilevamento e sulla caratterizzazione delle microplastiche aerodisperse, ampliando ulteriormente la nostra comprensione degli inquinanti particolati emergenti. Continua a leggere per scoprire le sue opinioni di esperto in merito a queste particelle ancora poco comprese.
Cosa rende le microplastiche aerodisperse diverse da quelle rilevate nell’acqua e nel suolo?
JG: Esistono diverse definizioni di “microplastiche aerodisperse”, ma quella più comune è che tale termine raggruppa particelle composte da polimeri sintetici, di dimensioni inferiori a 5 mm, fino a 1 µm, che sono presenti nell’aria. Vi sono anche particelle di nanoplastiche, che sono ancora più piccole: hanno dimensioni inferiori a 1 µm.

Le microplastiche si trovano sia al chiuso che all’aperto, ma solitamente le concentrazioni più elevate si rilevano al chiuso e comprendono le fibre dei tessuti. Le particelle costituite da fibre solitamente rimangono nell’aria per un periodo di tempo più lungo rispetto a frammenti di dimensioni simili, rendendo i luoghi come le fabbriche tessili a maggior rischio di esposizione. Allo stesso modo, gli impianti di trattamento dei rifiuti che trattano la plastica sono luoghi di concentrazione elevata per le microplastiche aerodisperse.
Le particelle di microplastica presenti nell’acqua e nel suolo tendono a essere più grandi, in quanto le particelle più piccole rimangono sospese nell’aria. Le microplastiche aerodisperse possono essere inalate e diffondersi nel corpo umano.
Cosa sappiamo attualmente degli effetti dell’inalazione di microplastiche sulla salute?
JG: Questa non è esattamente la mia area di competenza, ma sono state condotte ricerche sugli effetti per la salute utilizzando modelli animali e colture cellulari. È stato dimostrato che le microplastiche generano infiammazione ma, in base alle tecniche di monitoraggio disponibili, questi studi probabilmente hanno usato un livello di esposizione molto più alto rispetto alle concentrazioni ambientali. Sono necessarie misurazioni più precise per valutare la correlazione tra gli effetti sulla salute e l’esposizione.
Alcuni studi hanno esaminato l’effetto sui lavoratori del settore tessile che sono esposti a elevati livelli di microplastiche. Some emerse evidenze di un maggior tasso di malattie come tumori e malattie respiratorie, oltre a infiammazione. L’impatto generale sulla popolazione nell’aria ambiente non è ancora ben compreso.
Quali sono le principali fonti di inquinamento da plastica aerodispersa?
JG: Le microplastiche presenti nell’aria provengono da diverse fonti, tra cui processi industriali, degradazione di pezzi di plastica più grandi, dispersione quotidiana di fibre dagli indumenti e usura dei pneumatici.
Quest’ultima potrebbe sorprendere, ma nelle aree urbane a traffico intenso o nelle vicinanze di strade a elevata percorrenza, il principale fattore che contribuisce alle particelle di microplastica è l’usura dei pneumatici. I pneumatici contengono una percentuale elevata di polimeri sintetici. Man mano che i pneumatici si consumano con l’uso, i materiali non svaniscono. Diventano polvere di pneumatici, che contiene microplastiche che diventano aerodisperse.
Un altro importante fattore contribuente deriva dalla frammentazione di pezzi di plastica più grandi tramite la degradazione fisica, biologica o fotochimica dovuta alla normale esposizione ai raggi ultravioletti. In generale, la concentrazione è proporzionale alle dimensioni della popolazione e al livello di industrializzazione di un’area geografica.
Anche le pratiche agricole sono una fonte di microplastiche aerodisperse, in particolare le pellicole in polietilene usate per coprire i raccolti, che si degradano nel corso del tempo a causa dell’uso e dell’esposizione al sole.
Le microplastiche possono anche venire emesse dall’oceano. Tuttavia, studi recenti indicano che questo non è un fattore contribuente così importante come si riteneva inizialmente. L’oceano funge più da “bacino” che da fonte di microplastiche aerodisperse. Questo significa che l’oceano assorbe più microplastiche dall’atmosfera rispetto a quelle che vi reimmette.
Non comprendiamo ancora l’elenco completo delle fonti e i relativi livelli di emissioni. Mancano dati per quantificare esattamente le fonti e colmare questa lacuna sarà un’area di studio importante nel prossimo futuro, per arrivare a una maggiore comprensione delle microplastiche aerodisperse.
In che modo le microplastiche nell’aria potrebbero interagire con altre sostanze inquinanti?
JG: Vi sono alcune interazioni tra le microplastiche e altre sostanze inquinanti. Ad esempio, i ricercatori hanno rilevato che la concentrazione di microplastiche è correlata alla presenza di idrocarburi policiclici aromatici, alcuni dei quali sono altamente tossici e cancerogeni. Vi è il sospetto che la plastica li assorba e funga da portatore. Vi sono evidenze simili per quanto riguarda il fatto che le microplastiche trasportino sostanze polifluoroalchiliche (Polyfluoroalkyl Substances, PFAS), i cosiddetti “forever chemicals”. Quindi, questo crea un mix particolarmente tossico di particolati e gas.
L’inquinamento atmosferico da microplastiche è attualmente affrontato nelle normative ambientali o per la salute?
JG: Non esiste nulla di specifico riguardo alle microplastiche aerodisperse. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha affermato che sono necessari più dati prima di poter fornire delle raccomandazioni su limiti specifici. Il problema generale delle microplastiche sta iniziando a generare discussioni sulla necessità di normative specifiche. Ad esempio, è stato ampiamente discusso l’obbligo per i produttori di lavatrici di installare filtri che impediscano alla plastica di entrare nell’acqua dopo un ciclo di lavaggio. Finora, la Francia è stata il primo (e l’unico) Paese a emettere una legge in questo senso, ma si prevede che altri Paesi seguiranno l’esempio.
Con le ricerche attualmente disponibili, quali passi possono intraprendere i consumatori e le istituzioni per aiutare a ridurre l’inquinamento da microplastiche aerodisperse?
JG: Ridurre l’uso dell’auto da parte dei singoli può aiutare a diminuire le emissioni di particelle dei pneumatici.
La ricerca già disponibile sull’usura dei pneumatici potrebbe influenzare la pianificazione urbana: la creazione di aree pedonali riduce la necessità di singole autovetture e, in ultima analisi, la quantità di polvere di pneumatici prodotta.
Possiamo inoltre fare delle scelte di acquisto più sostenibili per quanto riguarda l’abbigliamento. Le ricerche hanno dimostrato che nei primi cicli di lavaggio dei vestiti nuovi vengono rilasciati livelli più elevati di microplastiche. Scegliendo vestiti realizzati in fibre naturali, acquistando abiti usati e utilizzando lavatrici che filtrano le microplastiche possiamo limitare l’immissione di particelle nell’acqua.
Un aspetto ancora più ovvio è che possiamo utilizzare meno sacchetti di plastica e meno imballaggi in generale. I sacchetti di plastica si degradano nel corso del tempo e rilasciano microplastiche che finiscono nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Ma non sono solo i sacchetti nelle discariche di cui dobbiamo preoccuparci. Molti vengono inviati agli inceneritori e anch’essi rilasciano microplastiche nell’atmosfera. È importante assicurarsi di smaltire in modo corretto la plastica utilizzata e di essere consapevoli della plastica che non può essere facilmente riciclata.
Quali metodi di monitoraggio o rilevamento sono attualmente utilizzati per identificare e quantificare le microplastiche nell’aria?
JG: Oggi non vi sono standard per il monitoraggio delle microplastiche nell’aria. Anche i metodi di campionamento e preparazione sono molto diversi tra loro, pertanto è difficile confrontare gli studi e le misurazioni. La standardizzazione è un aspetto molto importante da sviluppare e noi di TU Wien stiamo lavorando in prima linea in questo campo.
Sappiamo già che diverse tecnologie possono essere utilizzate in modo efficace. Sia la tecnologia FTIR (Fourier Transform Infrared, a infrarossi con trasformata di Fourier) che la microscopia Raman possono essere utilizzate per identificare la struttura chimica. Mentre la tecnologia FTIR è limitata a dimensioni di 10 µm, la microscopia Raman può arrivare fino a 1 µm, ma possono crearsi interferenze causate dagli additivi presenti nelle microplastiche. Alcune particelle possono essere colorate allo scopo di studiarle utilizzando un microscopio a fluorescenza. Nessuna di queste tecniche può essere utilizzata per il monitoraggio in tempo reale, ma la fluorescenza intrinseca delle singole particelle di microplastica costituisce un approccio plausibile per monitorarle in tempo reale, il che conferisce un ampio vantaggio a questo metodo.
Quali sono le sfide principali della misurazione accurata delle microplastiche aerodisperse?
JG: La sfida principale consiste nella misurazione delle particelle più piccole (inferiori a 1 µm). Al momento non sono disponibili tecnologie che siano contemporaneamente in grado di contare particelle molto piccole e classificarle come microplastiche, nonostante le crescenti evidenze che dimostrano che la concentrazione di microplastiche aumenta notevolmente con il diminuire delle dimensioni delle particelle. Questo rende difficile tenere traccia del monitoraggio delle emissioni industriali o provenienti dal traffico. Inoltre, al momento, non esiste una tecnica in tempo reale per il rilevamento delle microplastiche, il che comporta una bassa risoluzione temporale e un elevato dispendio di tempo.
In che modo il monitoraggio può aiutare a migliorare la situazione?
JG: Il monitoraggio consentirà ai ricercatori di tenere traccia di più fonti di emissioni di microplastiche e di agire di conseguenza. Otterremmo una migliore comprensione degli impatti sulla salute e potremmo intervenire con misure supportate dai dati. Questo è risultato efficace per altre sostanze inquinanti. Prima di tutto dobbiamo comprendere le fonti e l’impatto delle microplastiche aerodisperse, poi potremo agire per ridurle.
Può consigliare alcuni articoli per i lettori interessati a saperne di più?
JG: Certo, suggerisco…
Meta-analisi sulle microplastiche:
Global atmospheric distribution of microplastics with evidence of low oceanic emissions
Yang, G. Brasseur, S. Walters, P. Lichtig, and C. W. Y. Li, npj Climate and Atmospheric Science, vol. 8, Art. no. 1, 2025, doi: 10.1038/s41612-025-00914-3.
Correlazione tra le particelle di micro e nanoplastiche e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA):
Fine micro-and nanoplastics particles (PM2. 5) in urban air and their relation to polycyclic aromatic hydrocarbons
Kirchsteiger, D. Materić, F. Happenhofer, R. Holzinger, and A. Kasper-Giebl, Atmos Environ, vol. 301, p. 119670, 2023, doi: 10.1016/j.atmosenv.2023.119670.
Microplastiche nell’Antartico:
First evidence of microplastics in Antarctic snow
- Aves et al., “The Cryosphere, vol. 16, Art. no. 6, 2022, doi: https://doi.org/10.5194/tc-16-2127-2022.
Primo rilevamento in assoluto di microplastiche atmosferiche:
Microplastic contamination in an urban area: a case study in Greater Paris
Dris, J. Gasperi, V. Rocher, M. Saad, N. Renault, and B. Tassin, Environ Chem, vol. 12, Art. no. 5, 2015, doi: https://doi.org/.
Analisi generale dell’impatto delle microplastiche:
An Atmospheric Chemistry Perspective on Airborne Micro- and Nanoplastic Particles
Zhang, J. H. Slade, A. P. Ault, and A. W. H. Chan, “,” Environ Sci Technol, vol. 59, Art. no. 16, Apr. 2025, doi: 10.1021/acs.est.5c03264.
Ulteriori informazioni sul lavoro di Jürgen Gratzl sulle microplastiche atmosferiche nelle sue ricerche pubblicate
A fluorescence approach for an online measurement technique of atmospheric microplastics
Gratzl, T. M. Seifried, D. Stolzenburg, and H. Grothe, Environ Sci: Atmos, vol. 4, no. 6, pp. 601–610, 2024, doi: 10.1039/D4EA00010B.
Fluorescent aerosol particles in the Finnish sub-Arctic during the Pallas Cloud Experiment 2022 campaign
Gratzl, D. Brus, K. Doulgeris, A. Böhmländer, O. Möhler, and H. Grothe, “Fluorescent aerosol particles in the Finnish sub-Arctic during the Pallas Cloud Experiment 2022 campaign,” Earth System Science Data, vol. 17, Art. no. 8, 2025, doi: 10.5194/essd-17-3975-2025.